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Il 19 maggio si è svolto il Simposio "Lo sgorgo di divinità" alla presenza delle autorità dell'Ateneo e degli studenti della Facoltà di Filosofia.

Il Simposio, dedicato a "L'Opera poetica" di Cesare Pavese, come presentazione del volume appena edito da Mondadori (2021), nel quale A. Sichera e A. Di Silvestro hanno raccolto tutta la produzione poetica, sia edita sia inedita, dell'autore piemontese, ha mostrato con grande forza la bontà di una rilettura dell'intera sua opera, resa possibile dall'accesso a fonti fino ad oggi non conosciute. Così, dopo i saluti formulati dal Rettore dell'Ateneo P. Bernhard Eckerstorfer, OSB e l'introduzione di Andrea Grillo, la relazione di Antonio Sichera, dell'Università di Catania, ha delineato non solo il progetto originario della imponente raccolta di testi (che coprono ben 1700 pagine!), ma anche una limpida ricostruzione della intenzione fondamentale della poetica di Pavese: un lavoro sulla espressione poetica che attinge ad una molteplicità di fonti, antiche e moderne, latine e greche, pagane e cristiane, ora possibile grazie alla pubblicazione di tutti gli inediti prima sconosciuti. A questa esposizione solenne e toccante, hanno corrisposto tre letture, offerte da docenti della Facoltà di Filosofia di Sant'Anselmo. Francesco Valerio Tommasi ha interrogato Pavese sul piano della "filosofia della religione"; Stefano Oliva sullo sfondo della svolta linguistica e del travaglio tra "parole" e "langue"; Andrea De Santis, Decano della Facoltà di Filosofia, intorno ad alcuni temi classici della tradizione filosofica antica e moderna. Nelle risposte conclusive, Sichera ha riconosciuto la ricchezza dello scambio e il contributo importante a una rilettura dei testi di Pavese, nel quadro di una originale comprensione del poeta come "soggetto" di una espressione, che trova nel dialogo, nell'ascolto e nel confronto la cifra di un apprendistato che apre alla speranza: come eremita, come "uomo solo che ascolta la voce calma...uomo solo che ascolta la voce antica". Nel ritmo e nel rito la poesia trova, anzitutto e da ultimo, il suo luogo più proprio. E così diviene "sgorgo di divinità".