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Categoria: Pontificio Istituto Liturgico
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1.0    Introduzione

1.0.1.   Sacramentum                                                                            

Radice “sacr-” Ý “sacer”, “sancio”

·                      Nell’ambito religioso: riservare, consacrare.

·                      Sia l’azione consacrante, sia il mezzo consacrante.

·                      Nell’ambito giuridico: giuramento o cauzione.

·                      Connotazione di ‘validità’.

1.0.2.   Mysterion                                                                                 

Radice “μυ” Ý la chiusura degli occhi e della bocca

Un contesto di segreto:

Nel cristianesimo d’espressione greca l’accento si sposta alla ‘rivelazione’ del segreto: escatologia e avvenimento del Regno di Dio.

1.0.3.   Occidente e Oriente                                                                   

“Occidente: più cristologico”; “Oriente: più pneumatologico”

Cf. Hans Urs von Balthasar, Sponsa Verbi (Saggi teologici II, Morcelliana, Brescia 1969) pp. 463-465

 

1.1.     Tre fonti per la concezione cristiana di ‘mysterion’

1.1.1.   ‘Mysterion’ e l’Antico Testamento

           Traduzione dell’aramaico rāz (‘cosa segreta’) che corrisponde all’ebraico sōd

·               Culti misterici dell’idolatria:

·               Mysterion: un segreto che si rivela. I consigli segreti divini sono

‘mysteri’ perché sono oggetto di rivelazione:

·           Segreto escatologico: annuncio velato di avvenimenti futuri nei piani di Dio: Libro di Daniele.

1.1.2.   ‘Mysterion’ e il Nuovo Testamento

1.1.2.1.       Nei vangeli:

1.1.2.2.       S. Paolo: il mysterion è la realizzazione della Salvezza e l’introduzione di questo fatto nella storia:

L’annuncio del Verbo conduce al centro del mistero, cioè a Cristo:

Il contenuto del mysterion di Dio = la realizzazione della Salvezza che consiste nell’avvenimento di Cristo:

I cristiani partecipano in questo mysterion e ne sono i ministri:

1.1.2.3.               Nell’Apocalisse di S. Giovanni, due volte con una connotazione escatologica:

e due volte in riferimento al significato misterioso dei simboli:

1.1.2.4.       Conclusione. M.F. Jastrebov (О таинствах (De sacramentis),Kiev 1909): 3 significati per “mysterion” nel NT, in ordine crescente di attualizzazione o concretizzazione:

1. l’economia della Salvezza per gli uomini = il piano divino

2. l’opera della Salvezza = l’attualizzazione del piano divino

3. la comunità dei credenti in Gesù/la Chiesa

                                = la realizzazione quasi ‘materiale’ del piano divino

Tuttavia, nella Bibbia, il concetto di mysterion non ha mai il significato di un qualsiasi rito sacro che opera per mezzo di un segno visibile la grazia invisibile dello Spirito Santo sorpassando la nostra percezione: nella Bibbia, la parola mysterion non designa mai ciò che oggi si intende con la parola “sacramento”.

1.1.3.   Mysterion e i culti misterici

·Dopo l’Editto di Milano (313): uso più ampio della terminologia cultuale misterica (pure forme e usanze cultuali) per poter meglio spiegare il contenuto del piano salvifico di Dio nell’avvenimento di Cristo.

Cristo, in cui Dio si è unito agli uomini, rappresenta il Mysterion fondamentale. La Scrittura, la Chiesa e i Sacramenti, soprattutto l’Eucaristia, sono dei mysteri che derivano da questo mysterion fondamentale.

Ma quello che l’uomo antico sperimentava di percepire, doveva ricevere un senso nuovo e approfondito dalla rivelazione di Gesù Cristo.

 

1.2.     ‘Mysterion’ nello schema neo-platonico di archetipo e riflesso

1.2.1.   L’influsso delle categorie platoniche

·           Influsso del Neoplatonismo sul pensiero cristiano:

Filone l’Ebreo (+25-+50); Ammonios Saccas (+175-242); Plotino (203-269) Origene (185-254); Dionigi l’Areopagita (Ps-Dionigi, V-VI sec)

Il sistema di pensiero neoplatonico di archetipo e riflesso; importanza per la teologia dell’immagine e per la comprensione dell’idea di mysterion e di simbolo

La dottrina delle Idee di Platone è il fondamento del pensiero neoplatonico di archetipo e riflesso:

Dentro una dimora sotterranea a forma di caverna, con l'entrata aperta alla luce e ampia quanto tutta la larghezza della caverna, pensa di vedere degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo, sì da dover restare fermi e da poter vedere soltanto in avanti, incapaci, a causa della catena, di volgere attorno il capo. Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d'un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa pensa di vedere costruito un muricciolo, come quegli schermi che i burattinai pongono davanti alle persone per mostrare al di sopra di essi i burattini. -Vedo, rispose. -Immagina di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti di ogni sorta sporgenti dal margine, e statue e altre figure di pietra e di legno, in qualunque modo lavorate; e, come è naturale, alcuni portatori parlano, altri tacciono. -Strana immagine è la tua, disse, e strani sono quei prigionieri. -Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? -E come possono, replicò, se sono costretti a tenere immobile il capo per tutta la vita? -E per gli oggetti trasportati non è lo stesso? -Sicuramente. -Se quei prigionieri potessero conversare tra loro, non credi che penserebbero di chiamare oggetti reali le loro visioni? -Per forza. -E se la prigione avesse pure un' eco dalla parete di fronte? Ogni volta che uno dei passanti facesse sentire la sua voce, credi che la giudicherebbero diversa da quella dell'ombra che passa? -Io no, per Zeus!, rispose. -Per tali persone insomma, feci io, la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti artificiali. -Per forza, ammise. -Esamina ora, ripresi, come potrebbero sciogliersi dalle catene e guarire dall' incoscienza. Ammetti che capitasse loro naturalmente un caso come questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguardo alla luce; e che così facendo provasse dolore e il barbaglio lo rendesse incapace di scorgere quegli oggetti di cui prima vedeva le ombre. Che cosa credi che risponderebbe, se gli si dicesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora, essendo più vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti aventi più essere, può vedere meglio? e se, mostrandogli anche ciascuno degli oggetti che passano, gli si domandasse e lo si costringesse a rispondere che cosa è? Non credi che rimarrebbe dubbioso e giudicherebbe più vere le cose che vedeva prima di quelle che gli fossero mostrate adesso? -Certo, rispose. -E se lo si costringesse a guardare la luce stessa, non sentirebbe male agli occhi e non fuggirebbe volgendosi verso gli oggetti di cui può sostenere la vista? e non li giudicherebbe realmente più chiari di quelli che gli fossero mostrati? -È così, rispose. -Se poi, continuai, lo si trascinasse via di lì a forza, su per l'ascesa scabra ed erta, e non lo si lasciasse prima di averlo tratto alla luce del sole, non ne soffrirebbe e non s'irriterebbe di essere trascinato? E, giunto alla luce, essendo i suoi occhi abbagliati, non potrebbe vedere nemmeno una delle cose che ora sono dette vere. -Non potrebbe, certo, rispose, almeno all'improvviso. -Dovrebbe, credo, abituarvisi, se vuole vedere il mondo superiore. E prima osserverà, molto facilmente, le ombre e poi le immagini degli esseri umani e degli altri oggetti nei loro riflessi nell' acqua, e infine gli oggetti stessi; da questi poi, volgendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, potrà contemplare di notte i corpi celesti e il cielo stesso più facilmente che durante il giorno il sole e la luce del sole. -Come no? -Alla fine, credo, potrà osservare e contemplare quale è veramente il sole, non le sue immagini nelle acque o su altra superficie, ma il sole in se stesso, nella regione che gli è propria. -Per forza, disse. -Dopo di che, parlando del sole, potrebbe già concludere che è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile, e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e i suoi compagni vedevano. -È chiaro, rispose, che con simili esperienze concluderà così. -E ricordandosi della sua prima dimora e della sapienza che aveva colà e di quei suoi compagni di prigionia, non credi che si sentirebbe felice del mutamento e proverebbe pietà per loro? -Certo. -Quanto agli onori ed elogi che eventualmente si scambiavano allora, e ai premi riservati a chi fosse più acuto nell' osservare gli oggetti che passavano e più rammentasse quanti ne solevano sfilare prima e poi e insieme, indovinandone perciò il successivo, credi che li ambirebbe e che invidierebbe quelli che tra i prigionieri avessero onori e potenza? o che si troverebbe nella condizione detta da Omero e preferirebbe «altrui per salario servir da contadino, uomo sia pur senza sostanza», e patire di tutto piuttosto che avere quelle opinioni e vivere in quel modo? -Così penso anch'io, rispose; accetterebbe di patire di tutto piuttosto che vivere in quel modo. -Rifletti ora anche su quest'altro punto, feci io. Se il nostro uomo ridiscendesse e si rimettesse a sedere sul medesimo sedile, non avrebbe gli occhi pieni di tenebra, venendo all'improvviso dal sole? Sì, certo, rispose. -E se dovesse discernere nuovamente quelle ombre e contendere con coloro che sono rimasti sempre prigionieri, nel periodo in cui ha la vista offuscata, prima che gli occhi tornino allo stato normale? e se questo periodo in cui rifà l'abitudine fosse piuttosto lungo? Non sarebbe egli allora oggetto di riso? e non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi rovinati e che non vale neppure la pena di tentare di andar su? E chi prendesse a sciogliere e a condurre su quei prigionieri, forse che non l'ucciderebbero, se potessero averlo tra le mani e ammazzarlo? -Certamente, rispose. -Tutta quest'immagine, caro Glaucone, continuai, si deve applicarla al nostro discorso di prima: dobbiamo paragonare il mondo conoscibile con la vista alla dimora della prigione, e la luce del fuoco che vi è dentro al potere del sole. Se poi tu consideri che l'ascesa e la contemplazione del mondo superiore equivalgono all'elevazione dell'anima al mondo intelligibile, non concluderai molto diversamente da me, dal momento che vuoi conoscere il mio parere. Il dio sa se corrisponde al vero. Ora, ecco il mio parere: nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedersi è l'idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello; e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano della luce, nell'intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e intelletto. E chi vuole condursi saggiamente in privato o in pubblico deve vederla. -Sono d'accordo anch'io, rispose, come posso. (Repubblica VII, 514b-520a)

 

Due fili essenziali di pensiero:

1)   la dottrina delle idee, basata sulla dinamica tra archetipo e riflesso

2)   l’ascesa graduale della ragione umana nel mondo delle idee verso la realtà sempre più reale, fino all’idea del Bene assoluto.

Questi due fili di pensiero sono in relazione l’uno con l’altro:

il riflesso, il terreno, si riferisce sempre all’archetipo, al divino, e obbliga a trascendere il riflesso.

Il riflesso rispecchia in questo la realtà dell’archetipo: tutto ciò che è realtà nel riflesso appartiene più all’archetipo che al riflesso stesso, perché l’essere del riflesso consiste totalmente nel ridare, nel riflettere l’archetipo, anche se è imperfettamente.

La relazione tra archetipo e riflesso è una relazione interiore. L’archetipo è veramente presente in esso, anche se è in un modo misterioso e velato. Il riflesso è la rivelazione misteriosa dell’archetipo, ma solo per colui che è stato iniziato a questo mistero. Tuttavia, la nostra conoscenza del mysterion (conoscenza = contemplazione e comunicazione) rimane sempre imperfetta.

Per i Padri: “mysterion” non indica una cosa inaccessibile o impercettibile, ma la relazione misterica tra riflesso e archetipo rivelata all’iniziato. Perciò, il mysterion non è un concetto statico – come può esserlo il ‘sacramento’, secondo il senso del termine – ma, secondo il suo contenuto, il mysterion è un concetto dinamico che trascende la percezione sensibile.

Massimo il Confessore (580-662): il segno non è tanto una realtà assente quanto la realtà stessa, resa presente per mezzo del segno. In un certo modo il segno è ciò che rappresenta, e viceversa, la cosa rappresentata esiste nella rappresentazione. Da questo si può capire bene perché l’idea della ‘presenza reale’ di una persona rappresentata in una immagine, è derivata dalla dottrina neoplatonica dell’emanazione: il divino scende nel mondo materiale in manifestazioni graduali, per riempirlo con la sua forza.

Difficile differenziazione tra ‘sacramenti’ e ‘sacramentali’

 

1.2.2.   Battesimo e Eucaristia come riti centrali della Salvezza

Terzo termine: anti-typos, termine usato dai Padri per indicare o per specificare il concetto platonico di ‘riflesso’.

San Basilio Magno (anafora): pane e vino = ‘antitipi’. L’archetipo totalmente reale ma invisibile, il tipo, il modello, viene rispecchiato in un riflesso visibile, in un antitipo.

Esiste una interazione ‘misteriosa’ tra riflesso e archetipo, tra il simbolo e ciò che designa: il prototipo è realmente presente nell’antitipo.

Il mysterion del battesimo, in tutta la Tradizione cattolica e ortodossa, si riferisce direttamente alla comunità eucaristica. 

Battesimo, Cresima e Eucaristia costituiscono una unica e completa unità liturgica.
Nell’eucaristia tutta la vita terrestre di Cristo diventa presente: la sua katabasis e la sua anabasis

Non: salvezza = archetipo / eucaristia = riflesso

Ma: l’eucaristia = salvezza a cui partecipiamo grazie al riflesso, perché l’eucaristia è un mistero: mistero della nostra salvezza

 

Dai Padri greci emerge chiaramente che Cristo è veramente presente nell’eucaristia e che è nondimeno nascosto e provvisoriamente presente. In questa maniera, l’eucaristia stessa è anche un modo di assenza specifica di Cristo; l’eucaristia ha una funzione solo per la Chiesa in cammino verso la rivelazione piena.

Crisi dell'iconoclasmo

L’armonia iniziale tra simbolo e realtà, ossia il fatto che la realtà è veramente presente nel simbolo, ha attraversato une crisi al momento dell’iconoclasmo bizantino (VIII sec.). A causare questo sviluppo è stata una nuova interpretazione della “presenza reale” di Cristo nei doni eucaristici.

Ancora S. Gregorio di Nissa spiegava così il mistero reale della partecipazione al corpo glorificato di Cristo nell’eucaristia:

La partecipazione a queste fonti di immortalità e unità deve essere una preoccupazione costante per ogni cristiano:

Il mysterion non è dunque solo pane e vino ma l’eucaristia intera: il sistema di archetipo e riflesso si applica all'eucaristia intera. 

La teologia eucaristica è entrata in crisi(,) quando lo Pseudo-Dionigi ha applicato lo schema di archetipo e riflesso  ai doni stessi.  Pane e vino divennero così “riflesso”, immagine, simbolo del corpo di Cristo, il che sembrava negare che pane e vino eucaristici sono realmente corpo e sangue di Cristo. 

L’eucaristia viene interpretata come “l’effetto” visibile di un “modello” invisibile. Il celebrante, 

offrendo Gesù ai nostri occhi, ci mostra in modo tangibile e come in immagine la nostra vita intelligibile (III 13).

Per Dionigi, il senso più sublime dei riti eucaristici e della stessa comunione sacramentale è di simboleggiare l’unione delle nostre menti con Dio e con Cristo.

Questo simbolismo condusse nell'VIII secolo a un serio dibattito teologico attorno all’eucaristia (unica crisi del genere a Bisanzio).

Concilio iconoclastico di Hieria (754): la sola “immagine” ammissibile di Cristo è quella che egli stesso ci ha dato: il corpo e il sangue eucaristici. L’ambiguità della concezione teologica di Dionigi viene qui messa in evidenza.

I grandi difensori delle immagini, come Teodoro Studita e il patriarca Niceforo, rigettarono decisamente la posizione iconoclasta sul pane e il vino eucaristici intesi come immagini.

Come risultato della controversia iconoclasta il realismo eucaristico bizantino fu ricondotto sulla linea cristologica e soteriologica, abbandonando decisamente la terminologia dionisiana. Questo è significativo per comprendere l’intera percezione eucaristica dei bizantini: l’eucaristia è fondamentalmente un mistero da ricevere come cibo e bevanda e non da "guardare" con gli occhi del corpo.


1.2.3.   Mistero della Chiesa

Battesimo e Eucaristia come atti costitutivi della Chiesa: basata sulla dottrina di San Paolo sulla koinonia (κοινωνία)

Di questo fondamento della nostra unità nell’unico corpo di Cristo, l’Eucaristia è il segno della sua perfezione:

Con l’unità del pane viene fondata l’unità del corpo. La comunione con Cristo conduce necessariamente alla comunione in Cristo. κοινωνία τῶν ἁγίων (= comunione dei santi):

1)   la comunione ai santi doni 
2)   la comunione dei santi:

 

ossia la comunione dei battezzati tra di loro in Cristo.

 

Armonia tra il corpo di Cristo stesso, il Verbo incarnato, e il corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. Nicola Cabasilas:

(Commento alla Divina Liturgia §38, Padova 1984, pp. 205-207): I santi misteri rappresentano la Chiesa, non come simboli, ma come il cuore rappresenta le membra, o come la radice di un albero i suoi rami, oppure, secondo l’espressione del Salvatore, come la vigna i tralci. Qui, a ben guardare, non vi è semplicemente una comunanza di nomi, o un’analogia di cose equivalenti, ma piuttosto un’identità di realtà. I santi misteri, in effetti, sono il corpo e il sangue di Cristo, che per la Chiesa è vero nutrimento e vera bevanda. Partecipandovi, non è la Chiesa che li trasforma in quel corpo umano – come noi facciamo con gli alimenti quotidiani – ma è essa stessa [la Chiesa] che viene trasformata in questi doni, come l’elemento superiore e divino prevale su quello terreno.

 

 

Eucaristia = Sacramento/Mysterion di Unità:

  
1.3.      Il “mysterion” dai Padri

La differenziazione terminologica tra Oriente et Occidente è il risultato della traduzione del concetto greco ‘mysterion’ con il latino ‘sacramentum’; in conseguenza ha prodotto una interpretazione diversa di realtà di per se identiche. La ragione è  che Oriente e Occidente pensavano a partire di sviluppi diversi: accentuazione della visione in oriente e dell’udizione in occidente.

Cf. Hans-Urs Von Bathasar, Sponsa verbi(Brescia 1969), p. 463-465 

L’abbandono in Occidente della filosofia neo-platonica e l’irruzione dell’aristotelismo nella scolastica ha provocato una separazione tra i concetti di mysterion e di sacramentum.

Ma anche se prima erano dei concetti usati come dei sinonimi, nel loro significato sono stati usati in modo solamente analogo, mai identico, perché si riferivano a dei significanti diversi: il fatto di rendere il concetto dinamico di mysterion con il più statico sacramentum risultò in una interpretazione diversa della realtà, a causa del contesto linguistico delle due parole.

L’accentuazione diversificata diventa chiara dal tempo di Agostino. Egli pensava ancora in categorie neo-platoniche, ma si riferiva a cose diverse a causa del contesto linguistico diverso.

La diversificazione si può costatare analizzando il contenuto diverso della rappresentazione in riferimento alla concezione neo-platonica dell’immagine.
Domanda: cosa succede con sacramentum quando viene identificato con antitypos? Risulta in uno stesso contenuto rappresentativo? Infatti, il concetto di immagine non era totalmente identico in ambito latino e in quello greco: Eikon e imago non hanno lo stesso contenuto rappresentativo.

- eikon come antitypos porta in se l’immagine originario come una uguaglianza (homoioma),

- imago esprime solo una somiglianza esterna (similitudo) con il significato.

L’imago come maschera mortuaria: come copia o ritratto si riferisce in modo molto realistico a quello che è rappresentato, ma non è un simbolo.
Nell’icona, invece, il rappresentato è sperimentato come misticamente presente.

Tuttavia, anche in Oriente non è sempre rimasto indiscusso: l’iconoclasmo (sec. 8).
La lotta contro l’iconoclasmo rivela il significato che si dava al concetto dell’immagine come typos-antitypos. La vittoria sull’iconoclasmo (fine del primo periodo nel settimo concilio ecumenico, Nicea II, 787; fine del secondo periodo, 843) viene ancora oggi celebrata come la Vittoria dell’Ortodossia.
Significativo è il fatto che le conclusioni del Concilio di 787 non furono riconosciuti in Occidente nella scuola teologica del corte di Carlo Magno (traduzioni deficienti oltre alla comprensione diversa del l concetto dell’immagine.

Anche per la comprensione diversa tra mysterion e sacramentum, la concezione diversa del immagine in Occidente e in Oriente ha avuto una grande importanza.
Occidente: categorie di causalità per spiegare la presenza reale di ciò che viene significato dal sacramento - accento sempre più grande nel concetto di sacramentum al lato del significante

NB 1: dai Padri della Chiesa, ambedue i concetti  non rappresentavano i termini tecnici, che diventassero nel corso del secondo millennio. In tutta la Patristica ambedue i termini saranno riferiti a tutti gli “atti sacri” della Chiesa, e comprendono quindi sia le cose sacrementali (come le capiamo oggi) che gli atti non sacramentali.

Concetto unitario ≠"mysterion e sacramentum" 
                               = gli atti sacri.

Cf slavo ecclesiastico: священнодействия [svjaschenodevstvija]
- comporta sia i mysteria, in senso largo e stretto, come anche le benedizioni e consacrazioni.

NB 2: nei primi secoli non c’era una dottrina generale dei sacramenti.

1.3.1      La mistagogia dai Padri greci

 

 

 “Il potere divino opera come simbolo e profezia del Vecchio Testamento, come realizzazione della salvezza in Cristo e come compimento nella parola e il culto della Chiesa, finché tutte queste tappe arrivano alla loro perfezione, escatologicamente, nella realtà divina che è il fondo di tutti i misteri”.

P. Simonin (cf. Revue de Siences philosophiques et théologiques (1938) 266): la concezione origenista del mysterion è un rapporto reciproco tra il segno visibile e la cosa significata, une relazione che rimane nascosta per il profano ma che si rivela progressivamente al credente, in quanto si mette volontariamente alla Scuola del Logos. 

Anche l’adjettivo “mystikos”, derivato di mysterion, fu usato in relazione con le realtà sacramentali.

Le realtà sacramentali, sempre innestati in una azione liturgica, costituiscono il vero nucleo del mistero: la cosa “misteriosa” a cui si riferiscono le celebrazioni cultuali.

Il bagno della rinascita, il battesimo, è indispensabile per essere immerso nel mistero divino: solo in tal modo si aprono gli occhi per il rapporto interno tra rappresentazione e la cosa rappresentata, tra antitipo e prototipo. Questo rapporto interno si rivela progressivamente. Il Battesimo è il punto di partenza per la mistagogia, l’introduzione nei misteri divini. Giovanni Crisostomo (PG 49, 360):  l’eucaristia è una “iera mystagogia”.

L’azione liturgica è “la scala su cui dobbiamo salire dalla profondità delle rappresentazioni sensuali all’altezza della comprensione spirituale”.

A chi non è stato battezzato, la vera via della mistagogia rimane chiusa: rinvio dei catecumeni dalla liturgia

Il sacerdote è il mistagogo a cui spetta l’introduzione nella vita sacramentale della Chiesa e l’amministrazione dei Mysteria. Questo concerna in primo luogo i tre mysteria fondamentali: Battesimo, Cresima e Eucaristia. In seguito, il concetto di mysterion fu applicato anche alle altre azioni rituali, senza una chiara delimitazione o specificazione. In queste azioni rituali, per l’invocazione ecclesiale dello Spirito Santo, la forza e la misericordia di Dio che salva e sanctifica, opera misticamente sui fedeli e sulle cose.

Classificazione dei mysteria da Dionigi Areopaghita (Gierarchia ecclesiastica)

 

  1. L’illuminazione
  2. L’unificazione o comunione
  3. La Cresima
  4. Le tre ordinazioni ieratiche: vescovo, sacerdote e diacono
  5. La tonsura monastica
  6. Il rito dei defunti.

 

Non è una delimitazione di alcuni riti rispetto a certi altri, ma piuttosto una presentazione dei gesti ecclesiali che nella vita della comunità avevano un ruolo importante.
La messa in parallelo della tonsura monastica e i riti per i defunti con gli altri mysteria ha avuto delle conseguenze per la comprensione dei sacramenti in Oriente.
La dottrina di Dionigi è costruita in grande parte sul neoplatonismo: Dio, tutto in tutto, è la causa di tutto. Da questo Dionigi deduce tutta una gerarchia cosmica, in cui la gerarchia terrestre (ecclesiastica) si collega a quella celeste e ne rappresenta l’immagine. Dionigi vede tutto l’ordine cosmico come una catena di esseri, che scende da Dio e collega sempre il più basso con il più alto per via dell’inter-penetrazione: la santificazione per mezzo del “nous” divino che si comunica alla gerarchia cosmica. Per Dionigi, che ha integrato i mysteria nella sua visione della armonia cosmica, tutti gli atti sacramentali sono un mezzo che unifica la nostra vita di divisione. Il battesimo costituisce la base per la ricezione degli altri atti sacri; l’Eucaristia, come “koinonia” (comunità) e ‘sinassi’ (unificazione), è la corona degli mezzi di salvezza specifici, perché conduce questi ultimi alla loro perfezione.