Un fratello interrogò un anziano: «Abba, che devo fare, penso sempre all’impurità, non ho un’ora di riposo e la mia anima ne è oppressa!». L’anziano gli rispose: «Quando i demoni mettono questi pensieri nel tuo cuore e tu te ne accorgi, non discutere interiormente. Difatti è compito dei demoni suggerire il male, ma se essi non si privano di farlo, te non ti possono forzare. Dipende da te l’accettare o no». «Che fare», rispose il fratello, «poiché sono debole e questa passione mi domina?». «Fa’ attenzione a quello che sto per dirti», aggiunse l’anziano. «Tu sai quello che fecero i Madianiti; ricoprirono le loro figlie con tutti i loro ornamenti e le misero bene in vista di fronte agli Israeliti, ma non forzarono nessuno a peccare con loro. Gli altri li minacciarono nella loro indignazione e vendicarono questa impurità con l’assassinio dei suoi autori. Noi dobbiamo fare lo stesso con l’impurità: quando essa comincia a parlarti dal fondo del tuo cuore, tu non risponderle, ma levati, fa’ una metanìa, e medita dicendo: “Figlio di Dio, abbi pietà di me”». Il fratello disse allora: «Padre, io medito e come, ma il mio cuore non prova nessuna compunzione perché non capisco il senso di queste parole». «Medita lo stesso», rispose l’anziano; «ho sentito l’abate Pastor e molti altri padri dire che l’incantatore di serpenti non afferra il senso delle parole che pronuncia, ma il serpente che l’ascolta sì, le comprende, si umilia e si sottomette. Ebbene, facciamo lo stesso; anche se ignoriamo il senso delle parole che pronunciamo, i demoni che le ascoltano si spaventano e si allontanano».